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Titel
La frontiera contesa. I piani svizzeri di attacco all’italia nel rapporto segreto del colonnello Arnold Keller (1870-1918).


Autor(en)
Binaghi, Maurizio; Sala, Roberto
Erschienen
Bellinzona 2008: Edizioni Casagrande
Anzahl Seiten
383 S.
Preis
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Marino Viganò

Come insegnano la storia e l’antropologia, tra confinanti, siano paesi, popoli o individui, c’è pace precaria. Le mire reciproche, le cose da disputarsi sono molte. A caccia di vantaggi altrui – risorse o genti – o intenzionato a disfarsi d’ingombri propri, quando troppo molesti, il vicino può farsi invadente. Trovando utile l’accordo con chi confina col rivale, il nemico del nemico in rotta con quello per motivi identici.

Per precauzione fra condomini si alzano siepi o muri, fra stati si traccia la frontiera, una linea simbolica dai molteplici significati: limite di validità per le leggi, efficaci solo all’interno e irrilevanti all’esterno; sigillo di un’appartenenza interiorizzata o fomentata nel segno della «nazionalità»; barriera tra pace e guerra. Idolo degli stati moderni, fiumi di sangue vengono sparsi per stabilire, tenere, spostare questa linea, invisibile ma ben concreta nella storia delle popolazioni. Soprattutto quando concorre a determinare cosa appartenga alle une o alle altre, contribuendo a materializzare nel confine, sul terreno, l’astrazione della separatezza, con le sue connotazioni giuridiche e militari.

Su questa soglia suggestioni tribali antiche si saldano ad appetiti territoriali moderni. Certo, non è la frontiera, una convenzione, a venire contesa, ma lo sono le utilità che racchiude. E di ciò, nonostante il titolo, tratta il documentato volume sui Piani svizzeri di attacco all’italia, curato da Binaghi e Sala. Centrato, per cronologia, sull’età dell’imperialismo, tra la Guerra franco-prussiana del 1870-71 e la Grande guerra del 1914-18; epoca nella quale realizzare le proprie aspirazioni d’espansione coincide per ogni potenza con il rigetto, pregiudiziale, delle ambizioni speculari dei concorrenti.

Protagonista del libro è la Svizzera, un paese plasmato da Rivoluzione (1798), Mediazione (1803), Restaurazione (1814), Rigenerazione (1830) e guerra del Sonderbund (1847); mutato in stato federale (1848) e uscito da una prima revisione costituzionale (1874). Ma esposto da subito alla minaccia di due potenze di nuova formazione: regno d’Italia a sud (1861) e Impero germanico a nord (1871). Due entità inquiete, incitate da nazionalismo, bellicismo e irredentismo a tentare – appena reduci dalla fase «risorgimentale » dell’unificazione – avventure espansionistiche sui teatri europei e coloniali. Divenendo, il caso della Germania, esempio da emulare per altre nazioni dinamiche, entro e fuori il continente, per le industrie e gli armamenti, premesse tecnologiche di tattiche e di strategie inedite.

In questa temperie, alla Confederazione riesce sempre piú arduo aderire al principio fondante della neutralità assoluta nel caso di conflitti. Specie se diretti a coinvolgere o colpire in modo esplicito la Svizzera stessa. La guerra per respingere aggressioni essendo ammessa in un paese neutrale ma non neutralizzato, si fa strada tra i costituzionalisti – e gli autori si soffermano sulle pagine di Carl Hilty (1889) – l’idea del ricorso ad alleanze con paesi terzi per parare un eventuale attacco. Con obiettivo, oltre la difesa del proprio territorio, la conquista di territori dell’attaccante, da usare quale pegno per restituzioni e riassetti in sede del trattato di pace. Prospettata dapprima in linea teorica, nel tempo quest’ipotesi viene acquisita nei piani dello stato maggiore elvetico, sotto la dicitura di «garanzie territoriali» da far valere appena allo scoppio delle granate si succederà lo schicchiolio dei pennini nel delineare vecchie o nuove frontiere sulle carte geografiche.

Timori e ambizioni finiscono cosí per produrre documenti volti a studiare in tempo di pace tutti i possibili scenari di attacco e le opzioni di reazione. È il 1905 quando il Consiglio federale incarica l’ex capo di stato maggiore, colonnello Arnold Keller, giubilato per una resa dei conti tra generazioni di militari, i tradizionalisti e i movimentisti, di curare la Geografia militare della Svizzera e delle sue zone confinanti. Keller tra il 1906 e il 1922 redige 34 tomi. Una serie nella quale risalta, rimarcano Binaghi e Sala, la particolare attenzione alla frontiera sud col regno d’Italia. Un riguardo in negativo, poiché ben 5 tomi – il xVII sulla provincia di Novara (1911), l’xI sull’area di Torino (1912), il xxIV sul Canton Ticino (1914), il xxVIII sulle province di Como e Milano (1915), il xxIx su quelle di Sondrio, Bergamo e Brescia (1915) – insistono sui rischi di un’aggressione «regnicola».

Minacce altrettanto gravi non verrebbero invece da tedeschi, austro-ungarici e francesi, sicché la percezione del rischio pare sbilanciata sulle province frontaliere tra Italia e Canton Ticino. Cantone considerato tra l’altro dai confederati inaffidabile per l’intrinseco spirito «latino», e quasi intenibile per la posizione geografico-militare. Da cui, evidenziano Binaghi e Sala, due ipotesi strategiche dello stato maggiore in caso di conflitto col regno per garantire l’integrità del territorio svizzero, inibire l’attacco o contrapporre un’iniziativa: mobilitazione della sola Confederazione, o alleanza di guerra con altre nazioni. E, nel secondo caso, stipula di un patto con l’Impero austro-ungarico per condurre congiuntamente le manovre. Duplice è pure il disegno operativo: la difesa del settore del Sottoceneri sino a Bellinzona, con un successivo eventuale ripiegamento in Leventina e Mesolcina; oppure l’offensiva nelle finitime regioni del Comasco, della val d’Ossola, della Valtellina.

L’epoca di redazione della Geografia militare, specie per la frontiera sud, tra Conflitto italo-turco (1911-12) e dichiarazione di guerra dell’Italia all’Impero austroungarico (1915), in ogni caso è suggestiva per le implicazioni che fa emergere. Poiché il regno, pur con tentennamenti e accenni a prese di distanza, aderisce ancora alla Triplice alleanza con gli Imperi germanico e austriaco, stipulata nel 1882 e periodicamente rinnovata sino al 1912. Solo «in corso d’opera», mentre Keller scrive quei tomi, si consuma una separazione dell’Italia dagli Imperi centrali, cauta dal 1908, con avvicinamento piú marcato dal 1909 all’Intesa – Gran Bretagna, Francia, Impero russo – ed evidente dal 1914. Per l’ufficiale di stato maggiore non dev’essere facile tra l’altro calibrare il proprio lavoro, soprattutto le ipotesi operative, in un periodo di mutazioni ancora ambigue delle due alleanze.

Rischiose per la Confederazione, sottolineano Binaghi e Sala, sono all’inizio, tra 1882 e 1902, le linee operative dell’Italia che indurrebbero truppe italiane ad attraversare, quando non a invadere, il territorio svizzero per congiungersi a quelle germaniche in una campagna contro la Francia. Con la clausola, aggiungiamo, che essendo l’Austria-Ungheria alleata del Reich e dell’Italia, una convenzione difensivooffensiva svizzero-austriaca contro il confinante regno non avrebbe senso. È piú il periodo successivo, tra 1902 e 1911, definito di «nazionalizzazione dello stato» elvetico, a radicalizzare le tensioni e, nel clima di sfilacciamento della Triplice e nervoso nazionalismo irredentistico, a semplificare da un lato il quadro politico-strategico, e a incamminare dall’altro persino la neutrale Svizzera verso avventure belliche scomposte contro l’Italia, quando passasse all’Intesa. Preveggendo si direbbe il Keller, nella Geografia militare, che il regno vi transiti, per far conto di un appoggio absburgico a una strategia della calata verso la Pianura padana.

Si manifestano cosí i progetti di «attacco all’Italia», che tanto scalpore hanno sollevato nelle recensioni al tomo. L’obiettivo della Confederazione può essere minimo o massimo: prendere, da sola, l’Ossola e la Valtellina per proteggere i fianchi indifendibili del Canton Ticino e per acquisire regioni scambiabili al trattato di pace; o calare nella pianura lombarda assieme a un’armata austro-ungarica per portare l’attacco, magari, sino a Varese, Como, Milano. C’è qualcosa d’antico, vale ricordarlo subito, in questa pianificazione di «guerra all’Italia»: l’eco delle acquisizioni pretese dagli svizzeri e dai grigioni quattro secoli innanzi da Massimiliano Maria Sforza, da loro insediato quale duca di Milano, ottenute per conquista – Valtellina, Chiavenna, Tre Pievi (25-27 giugno 1512) – o per acquisizione – Lugano, Locarno, Valmaggia e Ossola (29 settembre/3 ottobre 1512).

Ora sarebbero acquisti temporanei, negoziabili quali restituzioni, un’occupazione permanente elvetica di quelle province essendo impensabile; e già discutibile la fattibilità stessa di piani d’attacco isolati, o in cooperazione, in un paese tanto esteso e, va da sé, pronto a difendersi, di sicuro non inquinato dal collaborazionismo politico che metterà la nazione sotto il Terzo Reich – ben piú potente e spalleggiato – negli ultimi mesi della Seconda guerra mondiale. Ciò induce a ridurre intanto la questione piuttosto a una ruse de guerre, l’eventuale invasione a carattere limitato e temporaneo sí e no dell’alta Lombardia, certo non dell’«Italia»: obiettivo alquanto sproporzionato, persino entro un’alleanza di guerra, posto che austriaci e svizzeri dovrebbero imporsi su Milano, Genova, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Cagliari, un centinaio d’altre città, due grandi isole… Un impegno certo non meramente militare, ma amministrativo non commensurabile alle forze disponibili. Piú agevole a determinate condizioni impadronirsi di Domodossola, Como e Sondrio.

Fattori da contestualizzare, dunque, i «piani svizzeri di attacco all’italia». Sono, è evidente, Wargames, per citare il film di John Badham (1983) dove Matthew Broderick, nei panni di un hacker liceale, porta il pianeta sulla soglia del fall down, infiltrando col PC di casa la difesa missilistica degli Stati Uniti, per giocar alla «Guerra termonucleare globale»: programmata, la macchina si attiva su tutti gli scenari possibili di conflitto, compreso quello finale. Cosí, in piccolo, la Geografia militare del Keller, che deve prevedere tutte le opzioni, comprese le piú sorprendenti. Per non farsi, appunto, sorprendere. Come d’altro canto tutti gli stati maggiori nella storia: dell’epoca, precedenti, successivi e… odierni. In questo contesto, certo, i «piani svizzeri di attacco all’italia» ci stan dentro per bene. Non invece se decontestualizzati, specie dal naturale loro retroterra politico.

Ammettendo anzi il titolo giornalisticamente allettante per calamitare la curiosità di primo acchito, chi scrive e – si può ritenere – non pochi altri lettori, possono trovare il libro curato da Binaghi e Sala significativo piú nei profili politici, che per quelli militari. Con bibliografia, articoli dalla stampa quotidiana e periodica del tempo, documenti d’archivio assemblati in un caleidoscopio non facile da comporre né da affrontare, il volume restituisce un periodo meno battuto dalla storiografia svizzera sulle relazioni, non solo militari, con l’Italia. Su due piani in ambito svizzero, federale e cantonale, non semplici da intersecare; e molteplici in quello internazionale, dato il numero di attori e di tensioni. Ricostruendo, nell’ottica della guerra, un cinquantennio di pace, la Belle époque del trionfo della borghesia nel segno di un progresso che pareva non dover mai terminare.

Rigetto della neutralità, affaires (Silvestrelli, Olivetti), minacce di rottura delle relazioni, corse agli armamenti pure nella Confederazione, rivelano in realtà, sotto la calma apparente, le pulsioni muscolari d’élites votate allo scontro «risolutore». Inevitabile s’è detta la Grande guerra, e non si era lontani dal vero: le premesse c’erano ovunque. Persino nella «placida» Svizzera. Da vagliare se piú difensive o offensive. Non è un dettaglio quando i militari fanno politica, come parte dello stato maggiore elvetico, ostile per pregiudizio all’Italia e inclinato ad assestarle la «batosta a prescindere» d’accordo con gli Imperi tedescofoni, profittando del caos della guerra totale; o quando settori politico-affaristici minoritari riescono a mobilitare masse sprovvedute. Sta qui, pare, nel sostrato politico degli innocui «piani svizzeri di attacco all’italia», roba di routine, il lato davvero inquietante delle pagine pubblicate da Binaghi e Sala: la chance della guerra scatenata a freddo. Un’opzione che note vicende recenti mostrano ancora drammaticamente in auge.

Citation:
Marino Viganò: Rezension zu: Maurizio Binaghi, Roberto Sala, La frontiera contesa. I piani svizzeri di attacco all’italia nel rapporto segreto del colonnello Arnold Keller (1870-1918), Bellinzona, Casagrande, 2008. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, Nr. 148, 2010, S. 295-297.

Redaktion
Veröffentlicht am
18.10.2011
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Die Rezension ist hervorgegangen aus der Kooperation mit infoclio.ch (Redaktionelle Betreuung: Eliane Kurmann und Philippe Rogger). http://www.infoclio.ch/
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